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Renato Chabod

Renato Michele Giuseppe Chabod nacque ad Aosta il 28 luglio 1909 da padre di Valsavarenche, notaio in Aosta, e da madre eporediese, ultimo di tre fratelli, rimase orfano all’età di nove anni perché il padre morì durante l’epidemia di spagnola. Potè completare gli studi, come i fratelli, grazie alla rendita del Legato Chabod istituito da un suo avo nel 1803. I due zii materni erano entrambi ufficiali di carriera negli alpini e parteciparono alla grande guerra. Giuseppe morì al fronte, Michele tornò con un ginocchio spappolato da un proiettile ma non si lasciò amputare la gamba. Nonostante fosse zoppo, “lo zio” che svolse il ruolo di padre per i nipoti, continuò ad andare in montagna, arrampicando in modo egregio ed iniziando a questa sua grande passione, oltre ai figli della sorella, altri giovani di Aosta loro compagni di ginnasio e di liceo. Renato iniziò la sua attività alpinistica a soli 13 anni con il coetaneo Amilcare Crétier dapprima scalando le mura romane di Aosta, le varie palestre di roccia della zona infine il Gran Paradiso, il Forquin, il Clocher di Djouan. Nel 1927, dopo un congelamento subito durante una lunga traversata in sci, gli fu amputato un alluce con operazione eseguita nella cucina di casa,, da un medico generico e avendo come anestesia una sola, bella, bottiglia di Cognac….!

 

Di successo in successo fra il 1929 e 1935 fu il più importante alpinista valdostano del tempo con numerose prime nel gruppo del Paradiso e del Bianco, tra le più importanti: la Sud del Maudit, la Nord del Gran Paradiso e dell’Aiguille Blanche de Peuterey, seconda della Nord delle Jorasses, canalone del Blanc de Tacul. Nel 1934 partecipò con Bonacossa, Binaghi, Boccalatte, Brunner, Paolo e Stefano Ceresa, Gervasutti, Ghiglione e Zanetti ad una spedizione alle Ande.


Dopo l’Aconcagua in settima ascensione, comunque un 7.000, conquistò in prima salita il Cerro Cuerno un picco bello e molto alpino. Nonostante le sue montagne lo occupassero intensamente fu sempre uno studente molto brillante; terminò il Liceo Classico al mitico D’Azeglio di Torino. Dopo la laurea in legge, anno accademico 1931-1932, conseguita a pieni voti e dignità di stampa con una tesi in diritto civile su “Questioni giuridiche in tema di alpinismo” relatore Prof. Avv. Fulvio Manoi, entrò in magistratura dove rimase fino al 1946. Dimessosi per ragioni politiche passò alla libera professione come penalista. Durante l’estate del 1936, poi del 1937 e 1938 partecipò quale istruttore ai corsi organizzati dalla Scuola Militare Alpina di Aosta e abbandonò definitivamente le grandi salite nel 1939, dopo il matrimonio, “per non lasciare vedove e orfani”.

Alpinista accademico dal 1930, dopo essere stato Presidente delle Guide Alpine di Courmayeur 1934-1942, Presidente del Consorzio Nazionale Guide e Portatori del CAI dal 1946 al 1956, fu Presidente Generale del CAI dal 1965 al 1971 infine Presidente del C.A.A.I. (Club Alpino Accademico Italiano). A partire dal 1934 illustrò con disegni a china “La Guida delle Alpi Marittime”, il manuale “Alpinismo” (1935), la prima e seconda edizione della Guida del
Gran Paradiso (1939 e 1963), la guida del Monte Bianco primo e secondo volume (1963 e 1968). Questi schizzi sempre molto chiari e sintetici, vero vademecum dell’alpinista dal principiante al provetto, rendono facile la comprensione della via da seguire. Dagli anni ‘40 in poi si dilettò anche con la pittura ad olio su compensato. I suoi tratti sono molto decisi con pennellate larghe, nitide, molti contrasti di luce, una predilezione per i toni verde-giallo e
verde- blu; i soggetti ovviamente di montagna, dai fiori alle cime dei suoi monti dipinti e visti con l’occhio dell’alpinista. Questi quadri danno sempre un senso di potenza e grandiosità della natura unita ad una serena bellezza.


Un carattere così completo non poteva fermarsi solo ai suoi interessi, quando la follia della guerra del 1940 colpì l’Europa, le sue scelte lo portarono alla Resistenza in Valle insieme al fratello Federico e al cugino Remo. L’impegno politico continuò anche dopo la bufera e divenne Consigliere Regionale dagli anni 50, Sindaco di Courmayeur dal ‘61 al ‘66, Senatore della Valle dal ‘58 al ‘68 e vice-presidente del Senato. La sua è stata una vita piena di soddisfazioni ma anche di duro lavoro; giovanissimo conobbe le privazioni allorché la madre si ritrovò vedova a soli 39 anni e senza denaro perché il marito nel 1914-15 aveva profuso ogni suo risparmio, la folle cifra di 60.000 lire del tempo per costruire le stalle del Tramouail e dei laghi dell’alpeggio di Djouan. La durezza di quegli anni giovanili lo portò a capire meglio la vita dei montanari e le esigenze dei più indifesi, traducendo queste sensazioni in precise scelte politiche più tardi. Sempre impegnato su vari fronti, con molti interessi da coltivare, studiare, approfondire e con un’inconfondibile vena di umorismo e ottimismo scrisse “La Cima Di Entrelor” la sua autobiografia nel 1969, “Camarade prend ton verre” storia delle guide di Courmayeur nel 1972, “Montagnes Valdôtaines” cime e rifugi della valle nel 1974 infine “Federico Chabod, Partigiano Lazzaro e la Valle d’Aosta” nel 1985 per il venticinquesimo della morte del fratello, il grande storico, artefice dell’autonomia della Valle.

Morì a Ivrea nel 1990, colpito da ictus, in soli 3 giorni, soddisfacendo in pieno la sua speranza di concludere una vita operosa senza dare fastidio a nessuno. Courmayeur 16-7-1965, inaugurazione del tunnel del Monte Bianco, il Generale De Gaulle, il Presidente della Republica Italiana G.Saragat e Renato Chabod in quanto Sindaco di Courmayeur Pont di Valsavaranche, 31-7-1942, la Principessa Maria Josè (che era salita fin lassù per andare a inaugurare il rifugio Vittorio Emanuele), Renato Chabod, suo fratello Federico e lo zio di entrambi, il generale degli Alpini Michele Baratono.
Questo zio Michele è stato colui che ha avviato entrambi alla passione per la montagna, zio Michele è stato per i suoi nipoti la figura che ha sostituito il padre Laurent, morto di spagnola nel 1919.

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